La Bussola

di Gino Pietrollini


1°. Bussola. Quella scatola dentro alla quale è bilicato l'ago magnetico coll'immagine dell'orizzonte su un cartone diviso in otto punti principali, e trentadue minori, perché volgendosi naturalmente l'ago alla tramontana, si vedano determinati tutti gli altri punti della sfera, intorno all'osservatore. L'etimologia, pretta italiana, deriva da quella scatolina di "bosso", nella quale al principio si racchiudeva lo strumento.

2°. La bussola pelasga, (pinace) di otto venti si vede scolpita e disegnata nella tomba delle bighe a Tarquinia, nella torre dei venti ad Atene, e nelle tavole di Varrone, di Vitruvio e d'Isidoro, come dirò alla voce Pinace. Non aveva l'ago magnetico, e si orientava a mano per osservazione diretta del punto di Levante (Orientamento - orientare derivano da questa operazione. Attualmente si dice una cosa e se ne fa un'altra: invece di disporre la carta verso oriente, essa viene diretta verso tramontana).

3°. La bussola cinese, così dicesi anteriore alla nostra, come la stampa a punzoni, e la polvere da fuoco, se vogliam credere agli Annali Cinesi, ed agli indizi del "du Halde": ma dovevano essere trastulli da bamboli, anzi che arnesi da maestri, perché non si trovanone costruzioni eccellenti, ne imprese lontane, ne viaggi di scoperta, tra le genti e i giunchi di Confucio.

4°. La bussola italiana comparisce per la prima volta, che io mi sappia, alla crociata d'Egitto, l'anno 1218, tra gli arnesi dei piloti romani, il cui cappellano, nelle lettere a Papa Onorio e nei suoi giornali, scrisse queste parole: "Acus ferrea, postquam adamantem contigerit, ad septentrionalem stellam semper convertitur: unde valda necessaria est nobis navigantibus in mari". Poche parole, ma pregne di cinque notizie fondamentali. Nomina prima la magnete naturale, adamantem ; secondo viene alla calamita artificiale per contatto, postquam contigerit ; terzo sottentra il rombo dell'ago, acus ferrea ; quarto la polarità, ad stellam septentrionalem ; e finalmente l'applicazione della nautica, necessaria navigantibus.

Poi vengono alla calamita Brunetto Latini, Francesco da Barberino, Marco Polo e Dante Alighieri (Paradiso XII, 28 : "L'ago alla stella volgesi a suo dove". Non parlo dell'uso rozze ed informe di un pezzo di minerale appeso ad un filo o galleggiante sul sughero in una tinozza, parlo della bussola coll'ago magnetizzato come si usa da tutte le nazioni infino ad oggi, e tengo che sia di origine italiana. Ce lo dice il primo testo, ora citato del 1218, ce lo conferma il nome, che tra noi significa la scatola o bossolo dello strumento, e nelle altre lingue non ha radice, ce lo assicura la divisione e la forma dello strumento. Noi soli abbiamo gli otto venti principali, per noi sono logiche le quattro quarte e i trentadue rombi; quattro via otto trentadue. Non così per quelli che hanno soli nomi dei venti, i quali logicamente, se fossero gli inventori, avrebbero imposto a noi le ottave loro e non sarebbero venuti alle nostre quarte. Da tali contraddizioni emerge che hanno ricevuto lo strumento da altri, e acconciatigli i nomi loro alla meglio. La rosa e il giglio, dipintivi a leggiadria, sono i fiori dei nostri giardini e le loro foglie romboidali ben furono scelte a seguire le arie dei venti ed il punto di tramontana.

Flavio Gioia d'Amalfi ridusse l'istrumento a perfezione nel 1302. Ondeché il famoso esametro non dice che egli abbia inventato la calamita (magnete artificiale), ma che ne rese facilissimo l'uso alle mani dei marinai; "prima dedit nautis usum magnetis Amalphis". Cardano inventò il bilico doppio, il Volta e il Galvani svolsero il fatto e la teoria. Il nome di Roma, Amalfi, Firenze, Bologna, Milano e Pavia tornerà sempre di epilogo alla storia della bussola, e di onore al nostro paese.

PINACE: Termine archeologico. La bussola pelasga, di nome comune ai greci e ai latini, dove era dipinta la rosa degli otto venti principali, e dei rombi interposti, che si teneva girevole al centro del naviglio, e si orientava a mano sul punto ortivo del sole e degli astri. Vocabolo solenne dei Pelasghi, mantenuto dai moderni elleni infino al presente, che dicono pinace per bussola. Il Pinace, rispetto al maneggio, si teneva girevole nel mezzo del ponte, ed a cura del piloto volgevasi al levante equinoziale, facendo ragione alla levata degli astri ed al procedimento del sole. In tale posizione restavano determinati tutti gli altri rombi dell'orizzonte, ed assicurata sulla linea di fede del naviglio............. Poi venuto nel 1218 l'uso della calamita, tutti si volsero alla tramontana; e finalmente nel 1302 si formò lo strumento del Gioia.

NORD: Voce straniera e cruda che significa quel che noi diciamo Borea. La voce è di origine scandinava e teutonica, desunte da Nordr o Nordri, nome proprio di un supposto Nano che sorregge il polo, secondo la goffa mitologia scandinava (dal greco Nèrthe, sotto o inferiore o dall'umbro antico nertru, che sta a sinistra di cosa volta a levante). Molti terreni hanno il toponimo mancini o simile perché rivolti a tramontana.

EST: Levante. La voce è straniera, d'origine teutonica, si scrive in francese est, in inglese east, in tedesco osten. Secondo Wachter, nel glossario germanico, proviene dal verbo Ustan, levarsi o uscire, ed indica il punto donde il sole si leva. (dal latino aestas estate, dal greco aith-os calore, accendere o ardere e dal sanscrito inddhe infiammare, con chiaro riferimento al sole).

SUD: Voce straniera di origine teutonica, derivata ad ogni altro anglo-sassone, da sieden, bollire, sweat, sudare: e scritta per south. In somma dai loro bruciori, e sudori freddi, i boreali derivarono il senso della parte meridionale (il mezzogiorno, la parte calda del mondo (latino sudare, greco svidio, sanscrito sviditas, sciogliersi)

OVEST: Oveste, west. L'altrui voce teutonica deriva dall'istesso verbo ustan, donde è l'est, sì che al loro vezzo, prefissovi l'ovest piglia senso contrario al levante che sarebbe come noi diciamo, Ponente (sanscrito vas-ati, notte e il latino ves-per, sera; più italianamente dicesi occidente o ponente).

I francesi nel Medio evo avendo imparato l'arte nautica da popoli germanici, e avendo affidate le loro navi ai marinai normanni, danesi e olandesi, il vocabolario s'infiorò di un gran numero di termini germanici, fra i quali sono i nomi dei quattro punti cardinali, che per la loro brevità furono trovati più comodi che i loro correlativi latini.

Quanto sopra è stato trascritto dal vocabolario marino e militare di Alberto Guglielmotti. La derivazione dei nomi, scritta tra parentesi, dal vocabolario etimologico della lingua italiana di Ottorino Pianigiani, con accomodamenti del sottoscritto.